La legge sul ‘Dopo di noi’: la crudeltà di un pensiero che discrimina

di Paolo Emanuel Hannan Caponi

E’ stata approvata la legge sul Dopo di noi.
In questa nota, voglio ricordarne la data, 14 giugno 2016.
La comunità dei deputati e dei senatori ha affermato come essa promuova la vita indipendente, come tuteli nuovi diritti, come sia preziosa per i cittadini disabili gravi.
Hanno affermato di aver votato una legge progressiva, sociale, importante, moderna. Una legge che tiene in debito conto le emozioni e le difficoltà e le paure dei genitori di chi è nella differenza disabile, una legge che offre soluzioni, che dà un aiuto concreto…
No.
Dio mio: no.
Davanti a tanta crudeltà, non posso tacere i miei sentimenti di rabbia.

Le parole delle deputate e dei deputati, delle senatrici e dei senatori, il loro lavoro, la loro azione hanno generato una prigione per tutti noi.
Più volte, si sono alzate e alzati dal loro seggio e hanno parlato di “vita indipendente”. Non sanno cosa voglia dire, non ne hanno idea, non ne percepiscono il valore.
La legge che è nata è la nostra condanna, la nostra sconfitta, la nostra perdita. E per descrivere il sangue e il dolore, l’umiliazione e la ragione voglio trascrivere qui dieci ragioni (ma ne esistono mille e ancor più mille).

1. LA CONTRADDIZIONE VERSO IL CODICE CIVILE.

Nel primo articolo, si afferma che un cittadino sia (o sarà) “privo di sostegno famigliare” nell’ipotesi in cui mancano o mancheranno i genitori ovvero quando questi non saranno più in grado di svolgere il loro lavoro di cura. Si afferma, in modo chiarissimo, che i famigliari rimanenti, ad esempio, i fratelli o i figli non contino nulla: ciò costituisce una contraddizione verso il codice civile. Il quale, si ricordi, sancisce un diritto agli alimenti.

2. L’OBBLIGO ALIMENTARE.

Infatti, una normativa sulla cura dei famigliari in difficoltà esiste già. E’ nel codice civile. Ma gli onorevoli, semplicemente, non ne erano a conoscenza. Hanno desiderato creare una legge. Sfogliare la prima delle leggi civili, non era importante. E non lo era perché allontanarsi dal codice civile, costituisce un passo importante verso l’allontanamento dalla Costituzione del ‘48.

3. L’INCOSTITUZIONALITA’ DEL COMPORTAMENTO DI UNO STATO CHE ALLONTANA I FIGLI DAI GENITORI.

La legge si rivolge a quei genitori che stanchi del lavoro di cura, per la loro età, per la loro salute, sono preoccupati per i loro figli disabili e per la loro vita dopo che non saranno più accanto a loro. Per aiutarli, la Repubblica prende per mano questi figli e li accompagna fuori di casa. Per dare sollievo ai genitori. Esprime, in linea di principio, di rispettare i desideri e l’identità del disabile grave e pure – ben consapevole di come sia un dolore immenso fare un percorso di allontanamento quando i genitori sono ancora vivi – viene spiegato come sia necessario.
Cosa si dice al disabile? Gli si spiega che mamma e papà sono anziani e che lui costituisce un peso insostenibile per loro. La Repubblica, con questa legge, non tutela la dignità del disabile grave, non gli dice: “Tu vali”, no. L’Italia avvicinandosi al disabile grave spiega come sia necessario un distacco.
La Costituzione afferma come le istituzioni aiutino le famiglie nel loro lavoro. Se dei genitori sono ancora vivi e sono anziani e, per la loro età, non ce la fanno a sostenere il lavoro di cura, al Comunità deve stringersi accanto a loro e aiutarli.
Non creare percorsi di vita indipendente dai genitori.

4. TRADIMENTO DELLA FILOSOFIA DELLA VITA INDIPENDENTE.

La “Vita indipendente”, assolutamente, non contempla l’allontanamento dai genitori e dagli affetti. Tutte le donne e tutti gli uomini del mondo sanno che i genitori moriranno. E se questi non li scacciano, non li allontanino con odio, il desiderio di essere accanto a loro è importante. Diventa importante. Sarà importante.
La “Vita indipendente” contempla il diritto dei cittadini differenti per disabilità di lavorare. Di pagare il proprio Assistente personale. Di autodeterminarsi. Di conoscere altre persone con pari disabilità e creare centri di ricerca e di mutuo-aiuto.
Nella legge sono previste politiche pubbliche per progetti di vita indipendente che, si ricordi, per pura l o g i c a, costituiscono un’aporia profondissima. Vita indipendente e Inclusione nella società non contemplano m i n i m a m e n t e un intervento pubblico. Non contemplano fondi pubblici, non contemplano attori pubblici.
Mai.
Pure, deputate e deputati, senatrici e senatori si sono alzati nelle Assemblee affermando di conoscere cosa sia la ‘Vita indipendente’. Hanno elogiato l’idea di un fondo. Di politiche pubbliche del ruolo delle A.S.L., l’istituzione deputata a creare questi progetti…
Chiunque è disabile grave vede l’assurdità di questo comportamento.
La follia.
Lo stigma.
Il tradimento del pensiero dei Rollin’quads.
Di tutta… di tutta la nostra storia.

5. L’ASSOLUTA INCAPIENZA DEI FONDI PER I DISABILI POVERI CHE PERDERANNO I GENITORI.

Chiaramente, la Repubblica destina circa 3 euro al giorno per queste politiche.
Per rendere indipendenti, i figli disabili gravi dai genitori, il budget è di 3 euro… (sembra impossibile)
Ovviamente, tutti i deputati e i senatori neanche conoscono, percepiscono o sanno la corretta proporzione: o meglio, l’ISTAT ha spiegato, in fase di consultazione, loro la verità. Ma occorreva non vederla. Occorre, oggi, non vederla.
Più volte, è stato detto in commissione e in aula che la legge promuove la deistituzionalizzazione. Con 3 euro al giorno. L’Italia dà ai disabili gravi che non lavorano e non percepiscono la pensione di invalidità, 280 euro al mese. Queste cifre, così irrisorie, che valore hanno?
La cultura espressa dai cittadini disabili considera importante la possibilità di vivere, a pieno, la dimensione dell’economia. Pagare, da sé, se necessario, i propri assistenti. Pagare, da sé, le bollette, i conti. Anche un gesto semplice come fare la spesa, per chi è nella differenza disabile è prezioso, importante.
I fondi non vengono dati nelle mani delle persone disabilizzate dalla società: non è prevista una erogazione diretta a loro.
Questo aspetto rivela un sentimento: si desidera non vedere, non provare, non pensare una sicura verità: la disabilità è un comportamento di esclusione sociale. No, non è la malattia (tutti gli esseri umani si ammalano o invecchiano). La disabilità è la scelta di escludere dalle aree principali della vita sociale e della comunità cittadini in base ad una condizione corporea percepita come una differenza radicale.
Non permettere ai disabili di avere un minimo economico (si pensa alla soglia assoluta di povertà come stabilità dall’ISTAT, circa 700 euro), vuol dire non credere in loro.
Vuol dire non credere in noi.

6. NON VENGONO CHIUSE LE RSA A CICLO CONTINUO.

Dunque: quale lo scopo di un così basso stanziamento?
Sul territorio repubblicano, esistono strutture – residenze sanitarie assistenziali – che accettano i disabili gravi. La legge non vieta loro di accettare i disabili gravi dopo gli eventi luttuosi del ‘dopo di noi’. Queste strutture sono, semplicemente, dei manicomi e degli ospizi. L’Italia, il nostro paese, non dovrebbe permettere che sul suo territorio esistano luoghi in cui un disabile grave abiti per sempre assieme ad altri disabili gravi. Se esistono, accetteranno altri ‘ospiti’?
Durante il dibattito il punto è stato sollevato. Ovviamente, il punto è stato superato in modo semplice: è stato detto che la Repubblica non può pronunciarsi sulla competenza regionale. E le RSA a ciclo continuo sono di competenza regionale. Il Parlamento taccia. Non parli. Le RSA devono continuare ad esistere.
Non importa che siano ospizi e manicomi. Non importa, ad esempio, che tutti i disabili, nessuno escluso, abbiano il diritto costituzionale – così come la Costituzione è stata ampliata accettando nel suo ordinamento la Convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità – di abitare in una casa e in una comunità.
E’ importante dire che la legge promuove la vita indipendente.

7. I LEPS.

Chiaramente, dopo il Tavolo di confronto con le Regione e con le autonomie locali, i LEPS dovranno essere formati puntando unicamente sulla deistituzionalizzazione. Tanti onorevoli l’hanno detto.
Un disabile grave ascoltando tale menzogna rimane interdetto, arrabbiato, amareggiato, deluso. I LEPS sono uno strumento nato dopo la rifroma della Sanità ter dopo che la Repubblica italiana ha distrutto i principi originari del Servizio sanitario nazionale. Costando troppo la sanità, le attuali leggi determinano i servizi minimi. E quotidianamente, nella speranza di diminuire i costi del servizio pubblico, si tenta di risparmiare. Dunque, i LEPS punteranno sul terzo settore, il volontariato e il mondo del privato. Cosa che ogni deputato PD definisce meraviglioso.
Chi è disabile grave comprende la scelta di porre al centro della società le strutture proprie della Chiesa di papa Francesco. Pure, il problema non è solo questa concessione e questa pubblicizzazione del loro ruolo.
Il problema, fondamentale, è la scelta di applicare uno strumento come i LEPS alla disabilità grave. Su questo tema, si sarebbe dovuto tornare al Servizio sanitario nazionale così come concepito prima delle riforme: dare ai cittadini disabili gravi, ciò di cui hanno bisogno. Sempre. I LEPS sono un limite di spesa. Una violenza normativa. Una norma che sfrutta la lunga crepa nata nel muro della costituzione e continuamente allargata dai riformatori (l’articolo 117). Usare uno strumento nato per tutti i cittadini per chi è disabile grave implica seguire una perversione normativa: usare uno strumento nato per una ragione, per una ragione che non gli è propria.

8. I TRUST.

Cuore della riforma, è la normativa dei Trust.
Per la vita della persona disabile, è permesso creare un ‘patrimonio destinato’, sul modello commercialistico proprio della gestione dei capitali sociali. Magnifica trasposizione che permette agli Italiani benestanti di poter regolare una parte del proprio asse ereditario al di fuori delle leggi civilistiche: chiaramente il codice civile contiene già tutti gli strumenti adatti. Ma occorreva qualcosa di altro. Occorreva introdurre uno strumento giuridico proprio della Common law che distinguesse i beni commerciali da quelli comunitari. (Commons/Goods), distinzione tra noi sconosciuta. I beni e le utilità di cui godrà il disabile grave hanno uno scopo sociale. Il privato si sostituisce al pubblico. Il privato sviluppa, com’è proprio negli USA, cultura di riferimento del PD, la solidarietà e il mutuo aiuto.
La stessa distinzione propria della società statunitense tra cittadini ricchi e benestanti e cittadini poveri è desiderata per l’Italia. Per loro, i Trust. Non una legge a parte, una legge collegata: ma un articolo che costituisca il cuore stesso della legge.

9. LE ABITAZIONI.

I Trust creeranno luoghi di abitazione e di vita indipendente confortevoli per i cittadini benestanti. Gli altri saranno oggetto delle Cooperative private – essenziamente religiose, essendo scomparso, oramai, a livello sociale, il movimento operaio e popolare – o, nei casi più disgraziati, di ricovero nelle RSA.
La legge, deliberamente, afferma di costruire un’attenzione alla cultura materiale delle abitazioni. Ovviamente, non accenna minimamente all’Universal design. Non sa neanche cosa sia.
L’Universal design è un sapere condiviso che desidera, immagina, progetta luoghi usabili sia dai disabili che dai non disabili. L’U.D. abolisce la distinzione tra disabilità e normalità e afferma che gli spazi urbani, le residenze, le case, le strade, gli oggetti, gli edifici, la comunicazione visiva, gli oggetti, l’arredamento deve poter essere usato da tutti. E da tutti accettato. Un design è fatto bene se può essere usato da abili e da disabili. Ed è la ragione stessa per cui disabilità e normalità vengono superate.
La legge – in una disposizione considerata progressiva – afferma che l’Italia presterà attenzione alla tecnologia, alle moderne disposizioni, alla possibilità di più disabili di abitare assieme. (Norma quest’ultima particolarmente odiosa: come dire ad un omosessuale che si favorirà il diritto degli omosessuali di abitare assieme. Non c’è alcun senso. Non esistono persone ma disabili?).
Ignorando l’Universal design, la legge ignora tutto quanto si dice attualmente sugli spazi abitativi, dimostrando un’ignoranza grandissima.

10. Infine, la CUSTODIA DELLA MEMORIA.

La legge tace sulla custodia della memoria.
Su ciò che costituiscono i ricordi, gli oggetti di vita, il sapere famigliare per la persona disabile.
Nulla viene detto sul diritto dei disabili gravi di ricordare. Soprattutto, di essere ricordati. Di essere parte di una storia condivisa. Cosa accadrà a fotografie, memento, oggetti personali? Soprattutto: come tutelare il diritto della persona disabile di averli con sé?
E’ un ragionamento questo sulla s t o r i c i t à della vita disabile, sulla sua dignità, sul suo diritto di essere ricordato nella comunità. Soprattutto, di ricordare. Nulla viene detto sul punto così come nulla viene detto su molti, tanti, altri punti.

In breve, una legge fatta da persone normali che nulla sanno di disabilità, nulla provano delle emozioni della disabilità, nulla sanno di cosa significhi culturalmente essere disabili.
Legge che esprime il desiderio degli abili di copiare, dimostrare di capire, ciò che siamo e come pensiamo. Ed è terribile quando degli uomini, con arroganza, affermano di capire chi è così differente da loro. Come se gli italiani affermassero di fare leggi per il Senegal, la Thailandia o il Perù. Cose se gli eterosessuali scrivessero di conoscere perfettamente cosa significhi essere omosessuali o come gli uomini che pretendono di sapere cosa sia la femminilità.
Ed è questo ciò che fa più male. Vedere l’appropriazione e la spoliazione della nostra cultura, il suo scimmiottamento, la sua perversione. Vedere come il progetto di una deputata disabile sia stato completamente stravolto. Vedere come persone che nulla sanno di un orizzonte e di un universo, la disabilità, affermino di capirlo perfettamente.
Rimane una legge che creerà differenze.
Rimane una legge che non chiuderà le RSA e gli Ospizi.
Rimane una legge che non ha fondi sufficienti.
Rimane una legge che destina i fondi a strutture pubbliche o istituzionali del terzo settore e ignora i Centri per la vita indipendente.
Rimane una legge che ignora l’Universal Design.
Rimane una legge che si fonda sui LEPS, uno strumento non nato e non destinato per la disabilità.
Rimane una legge che ignora il pensiero comunitario, che vìola il sentimento costituzionale, che ignora completamente la cultura della differenza.
Rimane una legge che è in contraddizione con il codice civile e con il titolo sugli alimenti (ma anche mille poi ancora mille altre parti).
Rimane una legge che traspone un modello culturale statunitense in Italia: perché?
Rimane una legge che elogia i Trust e dimentica le Fondazioni? (Perché?)
Rimane una legge che pensa che la filosofia della Vita indipendente si costruisca con servizi offerti dall’Amminstrazione pubblica.

Rimane una legge che dice ai figli disabili gravi come costituiscano un peso per i propri genitori.

E questo è e rimarrà sempre una colpa imperdonabile.

fonte: https://www.facebook.com/notes/paolo-emanuel-hannan-caponi/la-legge-sul-dopo-di-noi-la-crudelt%C3%A0-di-un-pensiero-che-discrimina/1198920530127141