L’altra faccia del bullismo

di Andrea De Chiara

Sempre più spesso i media trattano raccontano di fenomeni di bullismo e cyber bullismo a danno dei disabili, circoscrivendo questo fenomeno solo in ambito adolescenziale e giovanile. Quello però di cui poco si scrive o parla è che questo fenomeno è attuato anche da figure adulte; in alcuni casi sono proprio i medici, gl’infermieri e gli insegnanti a commettere questi atti ignobili.

Benché, in certi istituti scolastici non si verificano episodi simili, tuttavia il comportamento denigratorio da parte di taluni docenti verso i propri alunni disabili, genera “l’altra faccia del bullismo”.

Questa tesi è confermata dall’esperienza vissuta da Andrea, ragazzo in carrozzina ormai trentenne:

… quando frequentavo le scuole medie inferiori studiavo solo per ottenere la sufficienza. I miei professori pensavano che io non raggiungessi dei risultati brillanti per via del mio handicap fisico, e non perdevano occasione per tacciarmi come un buono a nulla davanti ai miei compagni di classe. Ovviamente i miei ex amichetti rincaravano la dose prendendomi in giro pesantemente. Peccato che quel ragazzino dalla modesta intelligenza si è laureato in comunicazione e oggi è invitato nelle scuole per offrire la sua testimonianza affinché nessun altro si ritrovi ad affrontare questa devastante situazione da solo contro tutti.

Da un’attenta disamina si erge che, se uno studente con disabilità non spicca nello studio si è portati a credere che quest’ultimo non abbia le capacità intellettive necessarie, mentre se un altro studente normodotato si trova nella medesima situazione di quest’ultimo si è portati a credere che non si applichi abbastanza. E’ evidente che a tutt’oggi una persona con disabilità è ancora vittima del pregiudizio secondo il quale chi ha una disabilità fisica ha anche un deficit mentale. E’ assurdo che un disabile debba faticare il doppio per dimostrare le proprie capacità agli altri, ogni minor efficienza commessa è spesso erroneamente imputata alla propria disabilità.

Anche Flora, una ragazza di ventidue anni, affetta da una semiparalisi prenatale, racconta di essere stata protagonista di un episodio simile, ma da un altro punto di vista:

…durante l’ora di educazione tecnica (si riferisce alla materia da disegno tecnico) alle medie il professore chiede di tracciare su un foglio delle linee verticali a mano libera. La spasticità (intende la patologia di cui soffre) mi comporta tremori non indifferenti alle mani nei lavori di precisione. Nonostante diversi tentativi fatti, le linee mi venivano sempre storte. Cosi chiedo al prof se, dati i miei problemi, potevo appoggiarmi ad un righello per ultimare il lavoro. Lui ha imprecato urlando:” E’ inammissibile che tu non sappia fare nemmeno delle stanghette verticali da tre centimetri dritte!”

Se attribuire che lo scarso rendimento scolastico di Andrea potesse dipendere dalla sua disabilità fa cadere nello stereotipo del pregiudizio, nella situazione in cui si è trovata Flora, non prendere in considerazione la sua reale difficoltà manuale, pretendendo da quest’ultima un lavoro di precisione, è stato il fattore discriminante. Senza contare che la reazione di quell’insegnante cinico di fronte a una richiesta della giovane è stata imbarazzante e lesiva, in primis nei confronti di Flora che si è sentita colpire sul vivo e in secondo luogo è diseducativo per gli altri studenti che hanno assistito alla scena, da parte di una figura istituzionale che ha il dovere prima di tutto di insegnare, tra le tante altre cose, il rispetto degli altri. Questo dimostra che accusare solo bulli di approfittarsi dei più deboli è controproducente, ma è ancora più grave che dei docenti adottino le stesse modalità di comportamento denigratorio o prevaricante a livello verbale in determinate circostanze, come quelle prese ad esempio. Non si vuole generalizzare la maggioranza del corpo docente che svolge il proprio lavoro in maniera esemplare, sta di fatto però che in alcune scuole, in tempi relativamente recenti, avvengono episodi di discriminazione, i quali hanno una loro radice ancora più profonda: l’ignoranza, debellabile attraverso una buona informazione e conoscenza. In virtù di questo, non esiste un modello di comportamento al quale bisogna attenersi. Sicuramente da un punto vista intellettivo un alunno con disabilità deve essere giudicato allo stesso livello degli altri suoi compagni di classe, non dimenticando però i suoi limiti oggettivi e non imputabili ad altro se non al deficit di cui si è portatori. E’ necessario tener presente che ogni studente, diversamente abile o normodotato, è prima di tutto una persona unica nel suo genere con pregi, difetti ed esigente particolari, per cui non si possono suggerire delle linee guida in nessun caso. Seguire il proprio istinto e il buon senso è un ottimo punto di partenza.

Fonte: htt/p://www.disabiliabili.net/blog/post/9998-l-altra-faccia-del-bullismo#prettyphoto[pp_gal]/0