Responsabili siamo noi

il Comitato lombardo per la Vita Indipendente delle persone con disabilità, che era presente con un suo rappresentante alla V Conferenza Nazionale sulle politiche della disabilità il 16 e il 17 settembre a Firenze, esprime solidarietà nei confronti dell’AVI Toscana per gli attacchi che ha subito in forma mediatica da parte della Federazioni FISH Toscana e FAND Toscana, del Coordinamento DIPOI e di quello per la Salute Mentale, e da parte dell’onorevole Argentin. Eccone i link:

http://www.gonews.it/2016/09/16/firenze-convegno-sulla-disabilita-contestazione-di-vita-indipendente-in-plenaria/

 

http://www.huffingtonpost.it/ileana-argentin/disabilita-m5s_b_12080954.html

Il nostro Comitato e AVI Toscana aderiscono a ENIL Italia, l’organizzazione che, a quel tempo ancora embrionale, già nel 1989, in un convegno a Roma, rivendicava il diritto all’assistenza personale autogestita per assicurare la vita indipendente delle persone con disabilità – di tutte le persone con disabilità. Un diritto inviolabile, quest’ultimo, perché significa autodeterminazione, libertà, uguaglianza, pari dignità sociale.
I suoi aderenti, manifestando in piazza negli anni successivi, riuscirono ad ottenere la legge 162/98: uno strumento debole, non certo per volontà di quei manifestanti, ma che numerose persone con disabilità di ogni regione d’Italia vorrebbero veder applicato quando si parla di vita indipendente.
8 anni dopo, la convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, ratificata anche dallo Stato italiano – quindi legge a cui dobbiamo obbedire – ha messo il diritto alla vita indipendente come uno dei principi cardine su cui appoggiare le politiche in materia di disabilità.
A 10 anni dalla sua approvazione ancora nulla è stato fatto, come il Comitato di controllo sull’applicazione della Convenzione Onu, riunitosi a Ginevra a fine agosto dell’anno in corso, ha rimproverato al Governo italiano, soprattutto in materia di vita indipendente.
Nel punto 7 della sua relazione il comitato di controllo si dice “preoccupato per la grave negligenza di non dare priorità alle indicazioni da parte delle organizzazioni delle persone con disabilità, trattando nello stesso modo i punti di vista di tutte le parti interessate, limitando così la portata dei contributi che potrebbero venire dalle persone con disabilità, comprese le donne e i minori con disabilità, che partecipino a processi decisionali diretti.”
È proprio questo grave comportamento che le persone con disabilità hanno cercato di stigmatizzare con la loro protesta durante la conferenza nazionale.
E, se vogliamo dirla tutta, la verità è che tutte le persone che hanno partecipato alla protesta dedicano la loro vita a cercare di incontrarsi, confrontarsi, partecipare ai tavoli regionali, locali, e anche al tavolo nazionale, per spiegare con pazienza e umiltà, a chi ancora ancora ci considera alla stregua del marziani, che noi persone con disabilità – con qualunque disabilità – vogliamo vivere con la stessa dignità sociale degli altri cittadini, disporre della nostra persona, della nostra casa, delle nostre relazioni.
Se dopo 10 anni dall’approvazione della convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, dopo 18 anni dall’approvazione della legge 162/98, dopo 68 anni dall’emanazione della Costituzione italiana, stiamo ancora cercando di spiegare a coloro che dovrebbero rimuovere gli ostacoli che limitano di fatto la nostra libertà ed eguaglianza, e il pieno sviluppo della nostra persona, e l’effettiva partecipazione alla vita sociale, quello di cui abbiamo bisogno, forse vuol dire che tutta questa pazienza e umiltà servono a ben poco.
Quando – nonostante il nostro impegno al dialogo, le leggi nazionali e internazionali, i richiami delle commissioni internazionali di controllo – le istituzioni pubbliche e il terzo settore persistono nell’avallare politiche discriminanti, distinguendo i diritti per patologie o per età o per condizioni personali, l’arroganza e il corporativismo con cui veniamo additati forse appartengono a chi punta il dito.
Difendendo la dignità sociale, la libertà e l’uguaglianza delle persone con disabilità, i movimenti per la Vita Indipendente difendono la libertà di ogni cittadino e cittadina: perché a ciascun cittadino o cittadina possono capitare una o più disabilità, temporanea o permanente, stabile o degenerativa.
Questo sentiamo essere la nostra responsabilità.