Iniziamo con la recente revisione dell’Italia da parte del Comitato per i diritti delle persone disabili (Comitato CRPD). Il processo di revisione è iniziato nei primi mesi del 2016, attraverso i documenti ufficiali del Governo italiano, le informazioni della società civile, la lista delle problematiche e il dialogo costruttivo tra Italia e commissione che ha avuto luogo a Ginevra il 24 e 25 Agosto. Il CRPD ha pubblicato le sue osservazioni conclusive il 31 Agosto. Tutti i documenti sono disponibili qui (in Italiano).
Le osservazioni conclusive della Commissione criticano fortemente il governo italiano su numerosi articoli del CRPD e sulla loro mancata esecuzione. Nello specifico, gli aspetti più critici Sono relativi agli articoli 1, 2 , 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9,11, 12 , 13 14 ; 16 , 17 ; 19 , 21 , 23 , 24 , 25 , 26 , 27 , 28 , 29 , 30 , 31, 32 , 33.
L’unico aspetto positivo che la Commissione ha segnalato è il seguente:
“La commissione prende nota della decisione sul Piano Nazionale sulla disabilità del 2010 e la ratifica del Convenzione del Consiglio Europeo sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica – Convenzione di Instanbul – nel 2013.
Vita indipendente e inclusione nella comunità (art. 19)
Il Comitato è seriamente preoccupato per la tendenza a re-istituzionalizzare le persone con disabilità e per la mancata riassegnazione di risorse economiche dagli istituti residenziali alla promozione e alla garanzia di accesso alla vita indipendente per tutte le persone con disabilità nelle loro comunità di appartenenza. Il Comitato inoltre nota con preoccupazione le conseguenze generate delle attuali politiche, ove le donne sono “costrette” a restare in famiglia per accudire i propri familiari con disabilità, invece che essere impiegate nel mercato del lavoro.
Il Comitato raccomanda: a) di porre in atto garanzie del mantenimento del diritto ad una vita autonoma indipendente in tutte le regioni; e, b) di reindirizzare le risorse dall’istituzionalizzazione a servizi radicati nella comunità e di aumentare il sostegno economico per consentire alle persone con disabilità di vivere in modo indipendente su tutto il territorio nazionale ed avere pari accesso a tutti i servizi, compresa l’assistenza personale.
Non solo i fondi stanziati per la vita indipendente sono esigui e insufficienti, ma il Parlamento ha anche recentemente approvato una nuova legge che incentiva i disabili, privi del sostegno familiare, a vivere in piccole comunità o a condividere la propria abitazione con altri disabili, trasferendone la gestione a terzi (fondazioni, cooperative o altri intermediari). Questa legge mette in evidenza due punti essenziali: il primo che la politica italiana dà per scontato che sono le famiglie a doversi prendere cura, in parte o totalmente e per tutta la loro vita, dei soggetti disabili; il secondo che, alla scomparsa dei genitori, l’unica alternativa possibile per il disabile è vivere in piccole comunità, largamente finanziate da questa legge, invece che scegliere liberamente dove, come e con chi vivere, con i fondi adeguati.
Dopo pochi giorni dalla pubblicazione delle Osservazioni conclusive della commissione Onu, il 16 e 17 Settembre 2016, ha avuto luogo a Firenze la conferenza nazionale sulla disabilità, organizzata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Purtroppo nessuna menzione è stata fatta della revisione della commissione Onu e non c’è stata evidenza, da parte del Governo italiano, di prenderla in considerazione. Di contro, il Ministero ha presentato il Piano di Azione biennale, evitando di menzionare che il precedente Piano non sia stato ancora attuato. La domanda che sorge spontaneamente è: se il Governo non ha rispettato e non ha attuato il piano precedente, cosa ne sarà di quello nuovo? E’ destinato a rimanere un’altra dichiarazione di buone intenzioni da riporre negli archivi della Conferenza e dei decreti governativi?
Per quanto riguarda la Vita indipendente, gli organizzatori della Conferenza non hanno preso in seria considerazione le raccomandazioni della Commissione CRPD e hanno quasi del tutto ignorato l’argomento. Durante la sessione plenaria mattutina di Venerdì 16, il Ministro di competenza ha deciso di spostare la discussione sulla Vita indipendente alla sessione di gruppo pomeridiana, che si sarebbe svolta in contemporanea ad altre otto sessioni e a sei workshops. Nonostante la sessione della vita indipendente fosse la più seguita e quindi quella con il maggior numero di partecipanti, il messaggio degli organizzatori è stato chiaro: non vale la pena parlarne durante la sessione plenaria.
A seguito di questa decisione, diversi attivisti della vita indipendente hanno fortemente protestato occupando il palco e leggendo ad alta voce le osservazioni della commissione Onu sull’articolo 19. La nostra protesta ha portato ad una discussione informale di circa 20 minuti con il Sottosegretario al Ministero degli Affari Sociali e ad un intervento fuori programma alla sessione plenaria e conclusiva del Sabato mattina dedicata alla Vita indipendente. L’intervento è stato tenuto da uno degli attivisti, Raffaello Belli. Fondatore del movimento per la Vita indipendente in Italia e membro dell’ENIL, Raffaello ha chiaramente ed efficacemente descritto cosa significhi Vita indipendente e quali misure siano necessarie alla politica per andare in quella direzione. I lettori italiani possono ascoltare l’intervento in questo video.
Ciò che manca in Italia, per iniziare, sono i dati statistici che mostrino i fondi versati agli Istituti e ai progetti di vita indipendente. Un altro elemento, messo in evidenza dalla stessa Commissione Onu, è l’assenza di una politica generale ed uniforme sulla disabilità che viene relegata a ciascuna Regione che decide autonomamente e in maniera differente, creando discriminazioni tra i cittadini e la loro impossibilità a spostarsi da una Regione all’altra senza perdere l’assistenza acquisita. Questo è dovuto alla modifica della Costituzione italiana di qualche anno fa, che lascia alle Regioni la giurisprudenza sugli affari sociali. E’ necessaria una legge che riconosca la vita indipendente come un diritto umano e non come una questione prettamente sociale, e ciò può essere deliberato solo dallo Stato centrale per tutti i cittadini. Anche a livello europeo dovrebbe esserci una direttiva che riconosca il diritto alla vita indipendente nelle comunità. Tale direttiva dovrebbe regolare nel dettaglio i diritti che ogni Stato membro deve garantire ai suoi cittadini disabili e la libertà di movimento all’interno dell’UE stessa.
Di Marina Voudouri
Fonte: http://www.enil.eu/news/does-italy-care-about-independent-living/
Traduzione personale