Assistenza domiciliare indiretta

Oggi voglio trattare dell'assistenza domiciliare indiretta, prendendo spunto dalla protesta dei malati SLA che avverrà il 21 novembre davanti al Ministero dell'Economia. Credo che questa battaglia dovrebbe essere appoggiata da tutte le persone disabili e dalla nazione intera, ma forse dall'intera nazione sarebbe un sogno anche perché non abbiamo la consapevolezza di essere un popolo, una comunità, una nazione. Senza contare l’ignoranza che avvolge il mondo della disabilità da parte delle persone dette normodotate, ovvero persone che non hanno disabilità. Ritengo comprensibili che le persone normodotate non conoscono, perché ignorano, il mondo della disabilità, quello che non ritengo comprensibile è il modo politico soggetta a un'approssimazione che fa venire i brividi.

Adesso vi spiego i ricoveri delle persone disabili si chiamano RSD (Residenze Sanitarie per Disabili) e la quota sanitaria è stabilita tramite uno strumento di valutazione, per stabilire la necessità di assistenza. La quota sanitaria è pagata dalla ASL di appartenenza. Una cosa simile accade per le persone anziane, le strutture a loro destinate si chiamano RSA (Residenze Sanitarie Anziani) e il contributo della ASL è sempre determinato da uno strumento valutativo. Per entrambi i casi c’è una quota detta alberghiera o sociale, che varia da 60 a 90 euro al giorno a persona. Per fare i conti della serva, se io dovessi essere ricoverato in un RSD a 60 euro, l’importo varierebbe da un minimo di 1680 euro al mese per 28 giorni a un massimo di 1860 al mese per 31 giorni. Questa quota è pagata dalla famiglia e la dove quest’ultima fosse impossibilitata, dovrebbe provvedere il comune.  A questa quota va aggiunta una quota sanitaria che varia da persona a persona, secondo  i risultati dello strumento di valutazione  a carico dell’ASL. A questa cifra va aggiunta la quota sanitaria che è divisa in 5 classi, che variano dalla classe 1 a € 118 al giorno, per chi ha bisogno di un assistenza più completa, fino alla classe 5 a € 45 al giorno, per chi ha meno bisogno di assistenza sanitaria.

Adesso vi spiego che cosa è il piano personale per l’autonomia legata all’assistenza domiciliare indiretta o al ricovero in una RSD. Non si può pensare che ogni persona disabile deve essere tenuta in casa propria se la disabilità è troppo grave per la famiglia o per il badante. D’altro canto non si può procedere con un ricovero coatto di tutte le persone con disabilità in un RSD. Occorre che la persona disabile, insieme ai famigliari,  intraprenda un discorso personale  ad hoc, in cui vi sia garantito la massima autonomia di vita e la massima sicurezza per tutte le persone coinvolte. Dato che risiedo a Milano, la regione Lombardia attua questo percorso individuale in cui si hanno due sbocchi: o il ricovero in un RSD o l’assistenza domiciliare indiretta. Ricordo a chi legge che non tutti i disabili sono uguale e non tutte le disabilità sono uguali, questo è molto importante per comprendere il senso di questo articolo.

Parlo un po’ di me in modo da fare capire a chi legge l’importanza dell’assistenza domiciliare indiretta rispetto al ricovero presso le strutture RSD. Vivo da solo da quando mia madre è morta ( mio padre è morto nel 1980 e mia madre nel 2005) e ho una vita piuttosto attiva. Oltre a scrivere nel mio tempo libero su questo blog, lavoro part-time in un azienda informatica, sono fidanzato con una donna che amo e faccio un cammino di fede all’interno della Chiesa Cattolica per me importante. Già da piccolo ho tentato di essere un soggetto attivo e non passivo nella mia vita. Ho sempre desiderato la maggiore autonomia per me stesso. Non si impara dall’oggi al domani, mia madre è stata sempre molto protettiva nei miei confronti, ma il cammino dentro di me era iniziato fin dall’adolescenza. Sono stato sempre in compagnia di persone normodotate e questo mi ha stimolato moltissimo. Per anni sono stato responsabile di un associazione di volontariato per persone down e organizzavo, insieme ad altre persone, attività ricreative, gite e vacanze estive. Con la morte di mia madre, avevo già la consapevolezza dei miei limiti e mezze idee di come raggiungere una migliore  autonomia. Quindi ho comperato ausili per andare in bagno da solo, ausili per i tutori e per la cucina. Naturalmente in questi aspetti della vita non ho raggiunto una piena autonomia ma una persona disabile non potrà mai avere, nonostante tutti gli ausili concepiti dall’uomo, l’autonomia di una persona normodotata, quindi occorre l’assistenza domiciliare indiretta.  Il comune di Milano mi sovvenziona 1000 euro al mese per il mio badante, che deve essere assunto con regolare busta paga, contributi, TRF e tredicesima. Vi posso garantire che i 1000  non bastano mensilmente devo aggiungere qualcosa di tasca mia. Stando a casa ho uno stimolo intellettuale e fisico perché sono artefice della mia vita in casa mia e non in un parcheggio, quale è per me un RSD. Infatti devo pensare a come organizzare la settimana: quale giorno fare la spesa, quale giorno stirare, o fare la lavatrice, cosa mangiare, quale fare le pulizie ordinarie (es. spazzare, lavare per terra e spolverare), come organizzarsi per le pulizie straordinarie (es. tende, armadi, tapparelle) ecc. Nella frase precedente il vocabolo fare (stirare, organizzarsi, ecc) lo le intendo come farlo fare al mio badante quindi semplicemente coordino la vita di casa. Ci possono essere persone disabili che riesco a fare quasi tutto, o anche molto meno di me.  Non è solo importante autonomia fisica ma le relazioni che la persona disabile ha con il mondo esterno che lo spingono ad uscire da se stesso A mio avviso più i progetti sull’autonomia iniziando fin da piccoli, maggiore autonomia si avrà da adulti. Non si impara dall’oggi al domani, dovrebbero essere gli stessi genitori, con l’aiuto di terapisti e assistenti sociali a far si che il proprio figlio raggiunga una consapevolezza dei propri limiti e delle cose che riesce a fare a casa oppure no. Spesso le famiglie sono abbandonate a loro stesse e la cosa più logica con le ferite dell’affettività dei genitori stessi è di fare le cose per il proprio figlio.

Un'altra lancia che voglio assolutamente spezzare a favore dell’assistenza domiciliare indiretta è che permette allo Stato un risparmio notevole, sia come spesa sanitaria, che comunale e  alla persona disabile di continuare vivere la sua vita nella propria casa con i propri affettivi invece di essere ricoverato in un parcheggio chiamato RSD. Tale doppia prospettiva positiva può portare un terzo beneficio alla società Italiana: essere partecipi e protagonisti nella nostra vita, della nostra società e della nostra nazione.

Personalmente sono molto vicino ai malati di SLA che vogliono stare a casa propria con i propri cari, piuttosto che essere ricoverati in una RSD attendendo la morte. Personalmente non capisco come mai il governo e la classe politica in generale preferiscono permettere ricoveri in una RSD che costa dai 70.000 ai 90.000 euro annui, piuttosto che stanziare 400 milioni di euro per l’assistenza domiciliare indiretta. Tralasciando l’aspetto economico della questione e il piano personale sull’autonomia per l’assistenza domiciliare indiretta, considero questo desiderio espresso dai malati di SLA, uno stimolo per vivere pienamente la propria vita, piuttosto che essere parcheggiato in una RSD.

A presto

Claudio