Su Roberto

  Conoscenti amiche e amici di Roberto – ed io tra questi – porteranno ognuna ed ognuno dentro di sé per tutta la vita un peso enorme e insopportabile per non essere riusciti a stargli vicino negli ultimi tempi.  Questo è il motivo del mio silenzio in tutti questi giorni.

  Viceversa, a quanto riportato dal quotidiano fiorentino “La Nazione” del 23 dicembre 2015, l’assessore del Comune di Firenze non sente alcun peso e declina ogni responsabilità in questa vicenda. Inoltre, sono apparsi alcuni commenti – fatti in perfetta buona fede – che descrivono un Roberto che voleva stare da solo. Tutto ciò mi costringe a rompere il mio riserbo per cercare di mettere in fila alcuni fatti.

  Conobbi di persona Roberto nei primi anni ’80, ma per me era già un punto di riferimento per avere frequentato prima di me le scuole medie del mio paese. Ricordo la gioia di vivere che sprizzava da tutti i pori quando in una mostra ebbe occasione di provare per ore e ore e per più giorni consecutivi la carrozzina elettrica, con la quale tra l’altro si metteva a girare intorno alle belle ragazze. Questo è solo uno dei tanti esempi della estrema vitalità di Roberto. La stessa uscita dalla casa di famiglia non fu certo un volersi chiudere in solitudine, ma anzi fu un voler cercare di condividere la vita e le esperienze con chi voleva lui, allo stesso modo di tanti suoi coetanei.

  Tuttavia, per vivere da solo, Roberto aveva bisogno dell’aiuto di altre persone: da solo non poteva neanche bere un bicchier d’acqua e a volte nemmeno farsi capire al telefono o con le persone che lo conoscevano poco.

  Nella seconda metà degli anni ’80, fu Roberto a volermi a casa sua per condividere con me e insegnarmi l’esperienza della vita indipendente. Purtroppo, ci misi qualche anno prima di capire che ciò che Roberto mi proponeva era la cosa giusta.

  In tempi molto più recenti, quando già non stava bene di salute, Roberto ha continuato a non chiudersi in casa, come dimostra il video di DanceAbility.

  Insisto molto sulla vitalità di Roberto e sulla sua voglia di condividere con gli altri le proprie esperienze. Tutto ciò contrasta radicalmente con la tesi di un Roberto solitario. Lui aveva capito benissimo che, per condividere vita ed esperienze, occorre essere liberi. Quando si hanno disabilità consistenti, questa libertà può esserci solo con una adeguata assistenza personale. E la scelta tra l’accettazione o il rifiuto di un’assistenza inadeguata può essere estremamente difficile. In entrambi i casi, si tratta di rinunciare alla vita: nel primo, si può sopravvivere biologicamente; nel secondo, le conseguenze sono più radicali.

  Poiché, almeno nei nostri casi, le ore di assistenza personale e le mansioni per cui ne abbiamo bisogno sono molte, ne consegue la necessità di ricorrere all’aiuto di più persone, anche per non correre il rischio che si stabiliscano rapporti di reciproca dipendenza tra utente e assistente. Pur percependo come contributo una somma tutt’altro che indifferente, Roberto aveva necessità tali da non consentirgli di regolarizzare la posizione di tutti gli assistenti a cui faceva ricorso.

  Nell’estate 2014, il Comune di Firenze sospese per diversi mesi l’erogazione del contributo con cui Roberto pagava i propri assistenti personali. Come Raffaello ha già ricordato, il motivo della sospensione era che Roberto non produceva le ricevute attestanti l’utilizzo dei soldi per gli assistenti personali. Va tenuto presente che, come me e altre persone, Roberto non aveva la possibilità di scrivere da solo, di fotocopiare o scannerizzare da solo, ne tantomeno di imbustare e spedire il tutto. Per fare ognuna delle suddette operazioni, ciascuno di noi e anche Roberto dobbiamo ricorrere all’aiuto degli assistenti personali.

  Solo dopo la nostra clamorosa protesta a Palazzo Vecchio, il Comune riprese l’erogazione del contributo a Roberto. Peccato che ormai un danno enorme era stato fatto. Infatti, come si può pensare che dei lavoratori continuino a lavorare se il datore di lavoro non ha la possibilità di pagarli? E, se le o gli assistenti personali con cui presumibilmente l’utente si trova bene vanno via, non è che quell’utente troverà con uno schiocco di dita altri assistenti adeguati.

  A questo proposito, ho un’esperienza personale. Oltre 10 anni fa, non percepivo alcun contributo e però disponevo di ben 3 assistenti personali molto valide uscite dal nostro ultimo corso per assistenti personali. Quando la Regione avviò la “sperimentazione” del contributo vita indipendente, essa pretendeva che ogni utente sottoscrivesse il consenso a che dei burocrati potessero intervistare i rispettivi assistenti personali. Io rifiutai di dare il consenso e perciò non presi il contributo. Ciò mi impedì di poter trattenere con me anche una sola delle tre assistenti che avevo. Questo fatto mi fece invecchiare di colpo di 10 anni.

  Una cosa del genere dev’essere accaduta a Roberto quando si è trovato senza contributo. E di sicuro lui era in una situazione che lo rendeva molto più vulnerabile di quanto io lo fossi 10 anni fa, sia per il fatto di vivere lui da solo e sia per l’insorgere di problemi di salute che avrebbero richiesto una assistenza personale ancora più attenta ed adeguata. Il non aver potuto contare su tale assistenza personale – per i bastoni fra le ruote messi dai cosiddetti servizi sociali – è stato tra i motivi che hanno messo in fuga la voglia di vivere di Roberto.

Al di là di discorsi ideologici, l’Associazione Vita Indipendente ONLUS cerca di tenere in piedi una “agenzia per la vita indipendente” e – sulla base delle reali esigenze di disabili gravi – ha individuato già da molto tempo nella formazione di “assistenti personali per la vita indipendente” una delle massime priorità da portare avanti insieme all’attività di “aumento dell’autoconsapevolezza” da svolgere con e sui disabili. Organizzare e realizzare come si deve le attività dell’agenzia richiede risorse economiche in tal misura da non poter certo essere coperta con l’autofinanziamento da parte dei disabili. Chi sostiene il contrario, o non conosce la realtà vera, o è in malafede. Nonostante ciò e nonostante l’evidente natura di pubblica utilità dei servizi che solo noi potremmo fornire, la Regione Toscana e le altre istituzioni locali non hanno voluto finanziare tali attività. Se l’agenzia per la vita indipendente fosse stata messa in condizione di funzionare a pieno regime, è molto probabile che Roberto avrebbe dovuto arrabattarsi molto meno nella ricerca di assistenti personali. E la sua grande voglia di vivere non sarebbe finita chissà dove.

                        Luca Pampaloni

Fonte:http://www.avitoscana.org/index.php/2-non-categorizzato/130-su-roberto